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Il Cenacolo di Ognissanti

Il cenacolo, opera di Domenico Ghirlandaio

Enter into Ognissanti to see the Last Supper

C’è un luogo a Firenze che parla di santi, poeti e navigatori. Il Convento di Ognissanti conserva gelosamente tesori inestimabili di pittura, storie di nobiltà fiorentina e un monumentale cenacolo di Domenico Ghirlandaio, affrescato nel 1480.

A lato della chiesa, varcate la soglia e seguite il corridoio che dalla penombra vi riporterà in un luminoso chiostro rinascimentale. Passeggiando con sguardo curioso lungo le lunette affrescate arriverete all’ingresso dell’antico refettorio del convento, fondato dai frati umiliati nel XIII secolo.

La Chiesa ed il convento sono finemente corredati da opere d’arte di grandi maestri fiorentini come Giotto, Botticelli e Ghirlandaio grazie alle generose donazioni ricevute da ricche famiglie fiorentine, come Vespucci e Lenzi, che abitavano l’area del “Prato d’Ognissanti”.

Ghirlandaio lavorò a varie commissioni e in particolare nel 1480 fu impegnato ad affrescare una parete del vasto refettorio, un’aula di ben trentadue metri, raffigurando l'Ultima Cena, datata ai piedi di Cristo.

Il pittore scelse come ambientazione l'interno di una loggia, sfruttando gli elementi architettonici della sala ed ampliandola con un’illusione prospettica dipingendo un giardino oltre le mura sullo sfondo. A differenza dei precedenti cenacoli qui si trovano elementi naturalistici e simbolici che generano un calmo senso di quotidianità e profonda armonia.

Gli alberi alludono a simbolismi cristiani: gli aranci e i cedri richiamano gli aromi e la bellezza del Paradiso perduto, la palma prefigura il martirio e il cipresso la morte, collegata alla Pasqua di Resurrezione. Anche gli altri elementi naturalistici, gli uccelli in volo o posati sulle due finestre, hanno valore simbolico, come nel caso dello sparviero a destra che si scaglia contro l'anatra, che si pensa fosse emblema della lotta del bene contro il male, o un emblema del sacrificio per la salvezza dello stormo in volo, metafora del Cristo per la redenzione dell’umanità. Elegante e variopinta è la coda del pavone raffigurato sulla sinistra: per il rinnovarsi del piumaggio in primavera è un altro prezioso simbolo dell’immortalità e resurrezione.

Brocche preziose e frutti della terra sono ben delineati sul tavolo con un delizioso susseguirsi di preziosi dettagli sulla tovaglia ricamata con dragoni "alla Perugina", richiamando messaggi di salvezza. Le albicocche come simbolo del peccato, la lattuga, simbolo della penitenza, le ciliegie, allusione al sangue di Cristo quanto la melagrana, metafora della moltitudine dei fedeli con i suoi numerosi chicchi raccolti nel frutto.

A detail of the Last Supper from Ognissanti

A questa tavola imbandita Cristo siede al centro, circondato dai dodici Apostoli nel momento in cui annuncia che uno di loro lo tradirà. La figura di Giuda è facilmente riconoscibile dalla posizione di spalle, isolato e con la borsa contenente i denari. Come al cenacolo di Andrea del Castagno, Giuda siede su uno sgabello sul pavimento, su un piano inferiore rispetto alla spalliera in legno sulla quale sono raffigurati gli altri personaggi. Pietro tiene il coltello ben saldo nella mano sinistra, mentre San Giovannino, l’apostolo giovane, si appoggia dolcemente al braccio destro di Gesù. L'atmosfera è di dramma controllato, dove ogni apostolo esprime la propria reazione con gestualità significativa ma misurata.

Alle estremità della panca in legno e sul vaso di rose è visibile il monogramma dei frati umiliati. L’antico stemma è composto da una croce a doppia traversa. Nella croce sono scritte le lettere OSSC, e all’interno della C si legge una piccola “i”, in breve OMNES SANCTI.

Note the details in the Last Supper at Ognissanti

In seguito all'alluvione del 1966, l'affresco fu strappato e restaurato. In quell'occasione venne alla luce la sinopia sottostante, esposta al lato dell’Ultima Cena: si può notare che l'espressione originale del volto del Cristo era ben diversa. Il volto che osserviamo oggi è infatti dovuto ad un restauro del XVII secolo, quando il pittore Carlo Maratta rifece completamente la testa, modificandola. Sono ben delineate anche le ombre dei personaggi, riportate con cura grazie ad un attento studio della luce che proviene dalle finestre collocate sulla parete di sinistra.

Dopo aver dipinto questo capolavoro, Ghirlandaio partì per Roma dove partecipò ad una delle imprese artistiche più prestigiose della storia dell’arte rinascimentale: la decorazione della Cappella Sistina


Autore: Elena Fulceri

Fiorentina di nascita, giramondo per necessità. Di professione Guida Ufficiale di una città densa di tesori, per passione fotografa e sommelier in training. Tesi in pedoarcheologia, licenza ufficiale di guida conquistata per condividere storie e angoli autentici meno battuti. Arte e Bellezza come Bene da rendere accessibile a tutti, con semplicità e spirito di curioso fin da bambini. Il mio motto? Firenze-su-misura per ogni età e occasione speciale!



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